DAI PROGRAMMI AL CURRICOLO
DAI PROGRAMMI AL CURRICOLO
“Per poter cambiare la scuola occorre per prima cosa un esercizio di pensiero” (Riccardo Massa)
ESERCIZI DI PENSIERO/2025-13
DAI PROGRAMMI AL CURRICOLO
I 15 anni che dalla legge sull’autonomia delle scuole portano alle Indicazioni Nazionali del 2012 sono anni in cui il governo della scuola è piuttosto movimentato. Si alternano sei ministri e approcci sulla politica scolastica contrapposti: dal riordino dei cicli dell'istruzione legge 30/2000 di Luigi Berlinguer, al “punto a capo” di Letizia Moratti confluito nella legge di riforma 53/2003, al “cacciavite” di Giuseppe Fioroni segnato però dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, al nuovo “punto a capo” di Mariastella Gelmini fino all’armonizzazione di Francesco Profumo.
Ad ogni passaggio di ministro vengono elaborate delle indicazioni per la scuola di base senza che nessuna di esse abbia il tempo di mettere radici e di orientare in modo compiuto le scuole nella costruzione del curricolo.
Toccherà al Ministro Francesco Profumo portare a sintesi gli “Indirizzi per il curricolo” elaborati dalla Commissione De Mauro (2001), le “Indicazioni Nazionali per i Piani personalizzati” (Moratti, 2004), le “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione” della commissione Ceruti (Fioroni, 2007).
Le Indicazioni Nazionali del 2012 rappresentano un punto fermo e importante nella costruzione della scuola di base per la cittadinanza (dai 3 ai 14 anni) che dovrà svilupparsi nello 0-6 (in corso) e nell’innalzamento sostanziale della scolarità per tutti a 16 anni (ancora una volta rinviato). È l’obiettivo che dobbiamo continuare a perseguire con cocciutaggine: un curricolo verticale da zero a diciannove anni (con l’obbligo del primo ciclo e del primo biennio del secondo). Un curricolo finalizzato a permettere a tutti e a ciascuno di costruire la propria formazione culturale per essere un cittadino consapevole e responsabile.
La loro importanza è consistita proprio nell’essere riuscite a raccogliere il meglio delle innovazioni prodotte nel fare scuola e delle azioni politiche che queste innovazioni hanno generalizzato in norma. Il contrario del ben noto “punto a capo” (in questo caso molto radicale) che sta alla base delle Indicazioni Valditara-Perla.
Paradossalmente un contributo determinante a questo risultato si può ritrovare nei “programmi” definiti dalla fine degli anni settanta al 1991. Proviamo a sfogliare con attenzione gli “Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali” (1991), i “Programmi didattici per la scuola primaria” (1985) e i “Programmi, orari di insegnamento e prove di esame per la scuola media statale” (1979).
Questi documenti anticipano il superamento della vecchia impostazione dei programmi che comprendevano una breve premessa, l’elenco degli obiettivi, l’elenco dettagliato e sequenziale dei contenuti da “svolgere” che rappresentava la vera consegna affidata dalla repubblica agli insegnanti. Risuonava nelle sale insegnanti il fatidico «sono indietro nel programma» (forse qualche volta risuona ancora oggi).
Il passaggio dai programmi al curricolo verticale era dunque già nel processo di innovazione delle scuole più attive quando venne sancito dal regolamento che attuava l’autonomia (DPR 275/99): al Ministero compete l’emanazione di Indicazioni Nazionali a garanzia dell’unità del sistema nazionale di Istruzione, ma è competenza e compito delle Unità scolastiche determinare il curricolo.
L’autonomia diventa una duplice sfida. Per le scuole acquisire la competenza e la responsabilità di progettare e governare l’esperienza curricolare nella sua complessità; allo stesso tempo per il Ministero definire delle indicazioni nazionali significative nell’orientare culturalmente senza prescrittività senza cioè invadere lo spazio delle istituzioni scolastiche. Devono risultare coerenti su due lati: raccogliere e tradurre il mandato che la Costituzione affida alla scuola e valorizzare il modo con cui le scuole hanno già tradotto tale mandato in esperienza quotidiana.
Le Indicazioni sono dunque chiamate a delineare quella visione di scuola che dovrà tenere insieme l’intero sistema nazionale e offrire alle scuole l’orientamento per costruire i curricoli.
Dalle Indicazioni sono necessariamente non compresi i contenuti (che erano invece l’essenza dei programmi) né le indicazioni didattico-metodologiche di lavoro.
Si capisce quanto debba essere delicata l’operazione e quanto sia indispensabile che nella loro definizione non venga meno il dialogo e il confronto con il mondo della scuola.
Penso che questi possano essere i criteri di coerenza con cui leggere le Indicazioni Nazionali. (2 continua)
Domenico Chiesa
(12 aprile 2025)