"Il suicidio di Israele" di Anna Foa. Un contributo al dibattito

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RECENSIONE A CURA DI FRANCA MANUELE

Con un’avvertenza: di questo libro sapiente e coraggioso ho scelto di sottolineare le parole che percorrono la storia ebraica e che sono oggi divisive: antisemitismo, sionismi, antisionismo, genocidio. Espunte dalla complessità della storia rischiano di apparire più povere e per questo è più che mai indispensabile risalire alla lettura del testo.

 

“Israele stava già attraversando un periodo di crisi drammatica prima del criminale attacco del 7 ottobre”. Così Anna Foa ci introduce nelle sue riflessioni che nascono dal duplice dolore, per l’eccidio del 7 ottobre e per i morti e le distruzioni della guerra di Gaza. Uno stesso dolore, dice lei. 

E per questo scrive, perché crede che si possa ancora spiegare e rendere comprensibili i fatti e il pensiero, per capire quel che la memoria dell’Olocausto che ci ha accompagnato non è bastata a evitare quanto è sotto i nostri occhi. 

Dice coraggiosamente che “se le armi smetteranno di sparare, dovremo rivedere molti dei nostri schemi interpretativi, ripensare il nostro rapporto con la nostra storia”.

Anna Foa parla innanzi tutto agli ebrei della diaspora, gli ebrei che non vivono in Israele, sono sparsi per il mondo, ma mantengono legami d’affetto con la patria ideale; a loro chiede espressamente di prendere posizione, perché il dramma odierno vuole una soluzione che può venire solo da una scelta netta: cessare il massacro, garantire l’esistenza e la sicurezza di Israele e contemporaneamente i diritti dei palestinesi, favorendo la creazione di uno Stato palestinese.

Ma parla anche a tutti coloro che vogliono riflettere su come sia possibile che l’antisemitismo in crescita si confonda e si sommi con l’antisionismo di chi accusa di genocidio Israele.

Intanto facciamo chiarezza sui termini che Anna Foa esamina con attenzione in relazione alla storia e agli eventi in corso: l’antisemitismo ha percorso nuovamente l’Europa già dagli anni ottanta e già Primo Levi ne denunciava l’incombente realtà. E’ in crescita dopo il 7 di ottobre, con l’intervento di Israele a Gaza e ha trovato nella sensibilità generale per il massacro dei palestinesi un moto di ribellione per quelle morti fino a denunciare il dominio israeliano in Palestina e negare ad Israele il diritto sproporzionato di difesa. Dice Foa “Limitarci a denunciarli come antisemiti o ricordare che l’insegnamento della Shoah è un monito per tutti i genocidi, perchè questo non debba più succedere a nessuno, non ai soli ebrei?”.

Anna Foa ripercorre la storia, con una rilettura attenta alla nuova storiografia, denunciando le ambiguità da cui ha origine la situazione attuale: dalla storica votazione dell’Assemblea Generale dell’ONU del novembre 1947 che sancisce la spartizione della Palestina in due stati, uno palestinese, l’altro ebreo per accogliere i rifugiati della Shoah, all’insediamento del 14 maggio 1948 di Israele, subito attaccato dalla Lega araba, che non riconosce il nuovo Stato. Israele vittorioso conquista nuovi territori, con la conseguente cacciata di molta parte dei palestinesi residenti nei luoghi che hanno abitato fino ad allora (la Nakba). 

L’allargamento dei confini conferma Israele che paga però un alto prezzo all’idea originaria di una pacifica convivenza di ebrei e palestinesi e viene ad assumere così il senso di una vera svolta verso una forma di insediamento di tipo coloniale. Seguono le guerre del 1967 del 1973, dove Israele, attaccata, conquista nuovi territori e si espande molto al di là dei confini assegnati e favorisce l’insediamento dei coloni nei territori occupati.

E qui veniamo all’antisionismo che oggi individua in Israele uno stato coloniale.  

In realtà con il termine sionismo ci si può riferire a diverse realtà, secondo l’autrice, ma per andare alle sue origini è stato un movimento di autodeterminazione nazionale, di radicale modernità, contro la tradizione della diaspora che ha comportato una rottura all’interno del mondo ebraico, una ridefinizione della sua identità. Se l’ebreo dopo la dispersione si assimila e integra nelle società non ebraiche, il sionista vuole uno stato nazionale ebraico. La scelta della Palestina non fu subito quella indicata … ma venne a coincidere man mano con l’insediamento di ebrei ortodossi a Gerusalemme già alla fine dell’Ottocento e nelle città sante: Tiberiade, Safed ,Hebron.

Il sionismo viene così ad assumere in primo luogo l’ideologia che considera gli ebrei un popolo e ne sostiene il diritto al ritorno alla terra originaria, la Palestina.

Oggi, un nuovo sionismo biblico identifica la guerra di espansione con il progetto della "Grande Israele" e viene accusato di genocidio. Una parte consistente di loro ha rappresentanti nel governo e ne condiziona la politica.

“Se il termine “genocidio” si possa o meno applicare alla situazione di Gaza è come sappiamo cosa controversa, molto meno dal punto di vista giuridico è però il termine di “crimine contro l’umanità”(…) “ Cosa cambia per chi muore sotto le bombe se definiamo la sua morte massacro o genocidio? Le distinzioni verranno dopo,nei processi, che speriamo ci siano, nelle Corti Internazionali”.

Se le accuse alla politica cinica di Netanyahu hanno isolato Israele nel mondo, hanno chiamato milioni di studenti pro Palestina a manifestare in tutte le piazze occidentali e americane, Anna Foa dice con chiarezza che quel che succede in Medio Oriente è un suicidio per Israele. Molti israeliani lottano contro questo governo, ma senza nessun aiuto, o quasi, dagli ebrei della diaspora e quanto si vien delineando sembra una catastrofe non solo per Israele, ma anche per il resto del mondo ebraico.

Uno Stato che è diventato autoritario, che reprime il dissenso, che chiama antisemiti coloro che lo criticano. Ed è colpa di questo Stato e del suo governo, dei morti innocenti di Gaza se cresce il sentimento d’odio per Israele.

Questo il monito: “come possono gli ebrei del mondo parlare solo di antisemitismo senza guardare a ciò che in questo momento lo fa divampare, la guerra di Gaza?”

E una speranza: che l’orrore del 7 ottobre si plachi con il volto terribile della vendetta e che arabi e palestinesi non siano più avvertiti tutti come terroristi pronti a sgozzare i vicini ebrei. Consapevole che israeliani e palestinesi dovranno trattare, gli uni con l’orrore della strage del 7 ottobre, gli altri con la distruzione delle loro famiglie e delle loro case.

(27 ottobre 2024)